Lo Spazio serale Val Cavallina, presso il Centro Zelinda a Trescore Balneario, è uno dei luoghi di relazione per le persone che vivono situazioni di marginalità che fanno parte del progetto Safenet.
Condividiamo il racconto che le operatrici dello Spazio ci hanno inviato, costruito grazie al contributo dei partecipanti al servizio, per illustrare non solo le attività che svolgono, ma anche il valore di questo luogo sicuro:
“In un contesto sociale sempre più complesso, dove la fragilità rischia di diventare invisibile, è fondamentale creare spazi significativi in cui le persone possano sentirsi viste, riconosciute, accolte e valorizzate. Non si tratta solo di “luoghi fisici”, ma di ambienti relazionali pensati per accompagnare i partecipanti in un percorso di osservazione, allenamento e inclusione sociale.
Da circa due anni è attivo uno spazio serale, presso il Centro Zelinda, rivolto ad adulti in situazioni di emarginazione sociale, residenti in Val Cavallina, segnalati dalle assistenti sociali referenti per i Comuni del territorio o dai servizi specialistici (è possibile anche che le persone accedano direttamente). Lo spazio, sperimentato grazie al finanziamento Pnrr-Missione 5- sottocomponente emarginazione adulta, sta proseguendo con il finanziamento del progetto Safenet, riduzione del danno.
Tutti i martedì, dalle 18.00 alle 21.00, gli operatori accolgono i partecipanti in uno spazio strutturato ma informale, dove la relazione e la condivisione sono al centro.
La serata inizia con un momento di attività condivisa. Nei primi mesi, queste attività erano prevalentemente ludico-ricreative; col tempo, la proposta si è evoluta includendo esperienze artistiche, culturali e naturalistiche come visite a musei, mostre e luoghi storici o naturalistici della valle.
Le attività sono state arricchite anche grazie alla collaborazione con realtà del territorio, tra cui Caritas, Oratorio, Bocciofila, Fileo, Centro Famiglia, Biblioteca e altre associazioni locali.
A seguire, si condivide una cena comunitaria, durante la quale si attiva una dinamica partecipativa: alcune persone, inviate dall’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna), partecipano al progetto svolgendo lavori di pubblica utilità come volontari in cucina. Tutti i presenti sono coinvolti nella preparazione della tavola e nella gestione del momento post-cena, rafforzando il senso di corresponsabilità e collaborazione.
Facendo una valutazione, dopo due anni dall’attivazione di questo progetto, emerge che lo spazio ha valenza osservativa, di riconoscimento, e di palestra sociale. Infatti, dopo un primo periodo di osservazione, gli operatori sono in grado di dare un rimando al Servizio Sociale in merito a: risorse personali, autonomie, capacità relazionali, attitudini, stato psico-fisico, rispetto delle regole, desideri delle persone coinvolte. Questo luogo diventa, così:
- strumento importante a disposizione del Servizio Sociale per una conoscenza più approfondita su cui basare la progettazione individuale;
- possibilità per i partecipanti di trovare accoglienza, ascolto, dove coltivare autostima e fiducia verso sé stessi e gli altri;
- occasione di aprirsi alla comunità, di ampliare la propria rete sociale, vivendo in modo proattivo il territorio di appartenenza.
Nella stesura di questo articolo è stato prezioso il contributo diretto dei partecipanti, raccolto durante una serata dedicata alla riflessione condivisa. Partendo dalla visione di un video con immagini delle attività svolte, sono state poste alcune domande per stimolare un racconto autentico del vissuto. Dalle risposte è emerso cos’è lo spazio serale per i partecipanti, quali le aspettative e perché continuano a partecipare. Scopriamo che non c’erano aspettative definite, ma piuttosto una sensazione di curiosità e il desiderio di non restare soli e che tra le motivazioni per continuare a partecipare c’è il sentirsi parte di un gruppo, il contrasto alla solitudine, l’interesse per le attività proposte e la possibilità di migliorare personalmente.
Queste risposte raccontano in modo semplice e potente l’impatto reale che questo spazio ha nella vita delle persone coinvolte. Eccone alcune di seguito:
“Continuo a venire per sentirmi parte di un gruppo meraviglioso”
“Continuo a venire perchè passo un buon momento di socializzazione”
“Continuo a venire per cambiare in meglio e per confrontarmi col gruppo”
“Non so cosa mi aspettavo, so comunque che sono rimasto sorpreso che in circa tre ore per sera si fanno molte cose e interessanti”
“Continuo a venire per permettere che il progetto continui e si evolva libertà e partecipazione”
“Continuo a venire per non stare sempre rintanato”
“Per me è stato imposto, sicuramente non sapevo dell’esistenza. Si è rivelata un’ottima esperienza con valide persone, con ognuna la sua personale esperienza e personalità. Mi fa piacere nel mio piccolo aiutare ed essere disponibile al fine di creare un cerchio di fiducia e amicizia vera; quindi, anche se non mi fosse stato imposto avrei perso bei momenti, anche didattici, oltre che umani. Grazie a tutti.”
Spazi come questo non sono semplicemente luoghi di passaggio, ma contesti trasformativi in cui le persone possono ritrovare un senso di sé, riscoprire le proprie potenzialità e allenarsi alla vita sociale e comunitaria. Sono luoghi di riconoscimento, di prova e di speranza. Perché ogni percorso di cambiamento comincia con una relazione che accoglie, ascolta e crede nella possibilità dell’altro.”
A.S. Roberta Rivellini, E.P. Attilia Schiavi, operatrici Spazio Serale Val Cavallina
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